domenica 18 settembre 2016

Concorrenza? Balle! Abbiate almeno il pudore di non chiamarla così

La questione dovrebbe essere semplice: o si permette anche alle singole imprese individuali Italiane di avere la sede legale a Dublino, in modo da trarre profitti qui e pagare le tasse all'estero, oppure non si può parlare di "concorrenza".

Concorrenza economica ( significato, dizionario ) : condizioni di mercato in cui ogni imprendintore ha "uguali" possibilità di influenzare o modificare la struttura dell'offerta.

( Quando non corrisponde a tale postulato, si dice: sleale ndr )

Concorrenza, lo sanno anche gli asini che ancora non volano ( e sono sempre meno ), vuol dire: parità di accesso, ovvero stessi requisiti per tutti, eguale pressione fiscale, insomma medesimi diritti e doveri ed è anche il motivo per cui le attività hanno un valore commerciale, non "delle autorizzazioni", bensì del portafogli clienti, del volume d'affari che si è acquisito nel tempo, non regalato, ne sottratto ad operatori preesistenti.
Non è concepibile che un tizio, si alzi un mattino dall'altra parte dell'oceano, magari vendendo al mondo la bufala dei "soliti" tre studenti nel garage ( come a dire che tutti lo possono fare, balle! ) che hanno l'idea geniale e si ponga al pari di un intera classe di professionisti che hanno un know how molto più evoluto, magari sviluppato in cinquantanni di tentativi e progresso tecnologico. Ponetevi lo stesso dubbio e vedrete che vi sentirete presi in giro come il sottoscritto. Non nasce un genio al giorno, quindi o è genio, o paraculo, con le spalle ben coperte.

Nell'ex bel paese invece, i grossi gruppi oligopolisti stranieri, fanno vanto di essere innovativi rispetto alle categorie tradizionali, semplicemente perché non sono tenuti, o non vogliono, ottemperare agli stessi obblighi, complice uno stato che non solo fa finta di non vedere, ma che ne favorisce l'ingresso e consolidamento sul mercato, tentando in ogni modo di cucirgli addosso delle regole, che li distinguano da chi fa da prima di loro la stessa cosa, facendo nascere la prima domanda: perché?. Naturalmente gli interessati che con quelle attività ci hanno bene o male campato fino a ieri, dovrebbero assistere alla foga predatoria in silenzio e senza protestare, o magari fare come chi ha applaudito alla riforma Fornero, se no risulterebbero molesti, fastidiosi.

Ho sentito molte volte al bar leggendo il giornale, degli stupidi chiacchiericci del tipo: " ma cosa vogliono sti Taxisti? " ( scusate se li tiro sempre fuori, ma li seguo e sostengo da anni, perché trovo quello contro di loro un vero e proprio progetto di dissoluzione, esattamente come quello dello stato sociale ) ed una volta, ho anche derogato alle mie buone maniere rispondendo " forse vogliono solo lavorare ed essere lasciati in pace senza che arrivi qualcuno e se li fotta in barba alle regole, madame, non crede? Le piacerebbe svegliarsi un mattino e trovarsi il conto in banca azzerato per decreto? È esattamente la stessa cosa che sta accadendo alle loro licenze, al posto di essere così superficiale si informi, legga meno balle e chieda a loro come faccio io. I Taxisti non sono come i personaggi che le chiedono mezzo euro ai semafori, il pane se lo sudano, quindi non si permetta di trovarli fastidiosi" e magari, aggiungo io, che tutte le categorie si rendessero conto di essere nella medesima situazione e facessero un ragionamento di resistenza comune.

 Questo sarebbe concorrere? Sarebbe questo il libero mercato? Certo, se per ciò si intende permettere a pochi di fare ciò che vogliono, lasciando del tutto inalterati obblighi e scadenze per gli altri o chi opera, magari da ben prima di loro, nello stesso campo, chiamiamolo pure "libero", peccato che non dovrebbe essere così, o per lo meno qualcuno dovrebbe preoccuparsi che non lo fosse.

Quel qualcuno a cui fa molto comodo tassare alla media del 64% le imprese e ben pensa di non doverle tutelare, sempre questo non sia fatto appositamente per ucciderle, cosa comprovante, per analogia, il costante assassinio del cosidetto ceto medio ( un tempo altrimenti detto: borghesia ) , che costituisce ancora, seppur per poco, il vero ammortizzatore sociale, il cuscinetto tra lo strapotere del capitale e la povertà.

Invece, non solo si vende al consumatore una concorrenza inesistente, tesa solo a saccheggiare intere categorie di lavoratori, ma la si saluta anche quale portatrice di innovazione. L'innovazione senza dubbio è riscontrabile, ricchi sempre più ricchi e lavoratori sempre più poveri. Il rischio, se non si radrizza la barra del timore, sarà una deriva totalitarista dove i diritti e le tutele, saranno solo per pochi, mentre la miseria, tensione e disordini sociali, per i restanti. La medicina? Smettere di delegare pensandosi al sicuro solo perché si ha un posto di lavoro fisso e poche decine di migliaia di Euro in banca, perché dopo i Taxisti, ambulanti, commercianti e professionisti, a chi credete che toccherà?


Mikaelaj Nusell

sabato 17 settembre 2016

Taxisti: un totem da abbattere - resistenza 2.0



" Mi stupisce sempre che troviamo caro un Taxi a cinque Euro, ma non noto la coda dietro al gabbiotto del direttore di un supermercato, per quattro pomodori, che sanno di poco, venduti alla stessa cifra, o un pacchetto di caramelle a due euro.

I motivi di tanto accanimento risiedono altrove"
 ( anonimo )

Ho passato da tempo il mezzo secolo, ma, credetemi, non ricordo un'altra categoria di lavoratori che abbia mai subito attacchi del tutto immotivati, strumentali e feroci come quella dei Taxisti. Questi vivono da una dozzina d'anni un vero e propio assedio quotidiano, iniziato mediaticamente e, gioco forza, ritradottosi sull'opinione pubblica, tanto da venir utilizzzati, in alcune occasioni, per distrarre la nostra attenzione,  da problemi ben più gravi che occorrevano al nostro bel paese.

Occupandomi di comunicazione, non ho potuto fare a meno di notare l'insistenza con cui venivano tirati in ballo ogni tre per due, (sempre e rigorosamente portandoli come modello negativo, chissà poi perché ), nel periodo a cavallo tra il 2011 e 2012, apice delle tristissima reggenza Montiana.

sembrava che tutto, dalla crisi, alla politica del rigore, si sarebbe risolto con la liberalizzazione delle loro licenze. Un'abile regia che nulla aveva da invidiare alla ben più nota Hollywoodiana, ordiva costantemente ipotesi alternative, li descriveva come il passato, dipingendoli come cavernicoli che si vestivano di pelle d'orso, che accendevano il fuoco con la pietra focaia. Ovviamente nulla di tutto ciò corrispondeva al vero, ma facendo il parallelo con quello che era successo ai lavoratori dipendenti e ai loro diritti, intuivo che qualche abile manina, fosse pronta a rompere gli indugi.

Nulla accade per caso ed infatti, tutto ciò che ad occhi attenti e menti ancora non residenti a "possibilandia" o che fanno seguire gli m&m's alla carbonara perche' la tele gli dice che sono nel "menu", si è puntualmente verificato. La guerra d'invasione del capitale, attraverso gli esecutori multinazionali, complici i soliti basisti autoctoni, fatta di affabulazioni, seduzioni modaiole, ha, ad oggi, maldestramente tentato di mascherare, una pericolosa deriva oligopolistica, che ormai è sotto gli occhi di tutti.

Vado come sempre contro corrente non accodandomi alle greggi dei buon pastori e trovo, riferito ai tempi in cui viviamo, il Taxista, sia come singola impresa, che come categoria, l'ultimo dei baluardi resistenti ad un turbo liberismo voluto da pochi a detrimento di molti. Un paragone azzardato? Nemmeno per sogno! Gli ambulanti ad es. Iniziano anch'essi a venir sottoposti alla stessa cura, con medicine diverse, ma aventi lo stesso fine: precarizzare tutto e tutti per poter "rastrellare" i settori a costo zero, nell'ottica di azzeramento delle tutele, consegnandoli in poche mani che hanno dato vita ad un caporalato equiparabile a quello codificato, che stanno riuscendo, attraverso costanti opere di lobbying; che Italiano vorrebbe venisse chiamata con il suo vero nome; ad impossessarsi scientificamente di tutto ciò che può produrgli profitti, evitandogli spese.

Gli " altri ", quelli che il taxista non lo fanno, al posto di farsi strumentalizzare da facili luoghi comuni indotti, dovrebbero sentirsi in dovere di solidarizzare con essi, non fosse altro per il semplice fatto che in Italia qualcuno continua a resitere allo strapotere multinazionale che ci vorrebbe tutti suoi servi proni, mentre altri, vi hanno già rinunciato ed in ciò i Taxisti rappresentano un po' per tutti, anche per me, un esempio di vera resistenza 2.0

Mikaelaj Nusell






venerdì 16 settembre 2016

liberismo, iperliberismo, ma che c'entra con la libertà?

Io non sono un retrogrado, ne un bigotto, cerco, per quanto mi consentano le mie sovrastrutture consolidatesi con l'età, di stare al passo coi tempi e non di farmi portare a spasso da loro. Ascolto Mozart con la stessa facilità con cui ascolto snoop dog, per farvi capire.

Sono certo di scrivere un'ovvieta' se affermo che la libertà non può prescindere dalle regole, se no, non sarebbe tale, ma caos e disordine, sregolatezza e follia. Non scrivo anarchia, poiche' nei tempi addietro, per alcuni, è stato considerato un valore ed io rispetto profondamente le idee di tutti.

Il mio problema è più recondito, più personale che altro, probabilmente dovuto a un ego che mi preclude ciò che ai più, ahimè,  appare terso.

Io credevo che libertà fosse il diritto di autodeterminazione dei popoli, la sovranità resa stato e che lo stato fossi anch'io, la certezza dei diritti per cui dei giovani poco più che ventenni infiammarono i cuori degli Italiani per il loro coraggio. Mi trovo, insomma, a disagio, io che associavo la parola libertà, che so, a Salvemini, Gobetti, Croce, Galante Garrone e in tempi più recenti, Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino, Luigi Ciotti, a dover cambiare non solo personaggi, ma spostare pericolosamente in modo disequilibrante, il baricentro delle mie convinzioni.

Oggi si parla tanto di liberismo o iperliberismo, ( che già faccio uno sforzo a capire la differenza, tipo: mi girano le balle, mi girano "fortemente" le balle, ma che vuol dire? ) accoppiando il termine ad epigoni di organizzazioni multinazionali. So che non si inizia una frase con un ma:

ma per quanto mi sforzi, non riesco ad associare delle multinazionali alla parola che ha la propria radice in "liberta".Chi sono i liberatori: Bezos di Amazon? Chesky di airbnb? Kalanick di Uber? Sono questi i miei nuovi modelli di riferimento? Coloro che mi stanno liberando? Liberando da chi? Da cosa? Perché se sono "liberisti" o ipertali, vengono a portare libertà, giusto? E se alto portano il vessillo liberista, agiranno all'interno delle regole, che la libertà resa stato, ha postulato, suppongo.

Leggo invece che l'interpretazione "liberista", vuole, esige che le regole siano superate, o presunte tali, per cui loro, naturalmente, si ritengono "liberi" di non osservarle, vi è da notare che questo non vale per gli altri. Taxisti, ambulanti, commercianti, professionisti, proseguono a versare un tributo che sfiora il 67% , perché liberta' per i liberisti, significa anche essere liberi di trarre profitti dai territori in cui operano, eludendone la tassazione, è il famoso "libero mercato" che di libero non ha nulla, visto che anche l'ultimo degli ultimi, arriva a capire che così facendo, si vivificano solamente degli oligopoli, il cui significato è letteralmente: tanto in mano a pochi e ho forti dubbi sulle ricadute economiche ed occupazionali, visto che tutto indica un oggettivo incremento del precariato, semmai.

E l'Italiano? Come reagisce l'Italiano? Al posto di essere fortemente preoccupato, o iperpreoccupato si lascia distrarre dagli effetti speciali e continua a prendersela con Taxisti, ambulanti, commercianti e liberi professionisti, dimenticando non solo che anche a lui aumentano le tasse perché altri non le pagano, ma rendendosi complice della perdita delle libertà, dei diritti acquisiti, in nome del liberismo, che di libero non ha nulla.

Mikaelaj Nusell